Psicolinguistica
La psicolinguistica, detta anche psicolinguistica, è una disciplina scientifica dedicata all'analisi del legame tra il linguaggio e i meccanismi psicologici che lo sottendono. Studia quindi come avviene l'acquisizione del linguaggio e quali risorse cognitive sono coinvolte nell'elaborazione delle informazioni linguistiche.
Gustave Guillaume, un linguista francese nato nel 1883 e morto nel 1960, è noto come un pioniere nello sviluppo della psicolinguistica. Questo pensatore fu responsabile di mettere in relazione gli elementi psicologici con quelli linguistici, battezzando la sua teoria psicosistema (più tardi conosciuta come Guillaumeismo).
La coniatura del termine psicolinguistica, intanto, è attribuita all'americano Jacob Robert Kantor a metà degli anni 30. Oggi, la psicolinguistica è intesa come l'area di conoscenza che esamina i processi inerenti all'uso del linguaggio nella comunicazione umana.
È possibile riconoscere due dimensioni principali nei processi della psicolinguistica: codifica e decodifica. La codifica implica che le persone possono costruire frasi appropriate facendo uso delle regole della grammatica e del vocabolario. La decodifica, invece, permette di capire il messaggio. Queste azioni coinvolgono fattori psicologici che sono essenziali per comprendere parole ed espressioni e permettere l'interazione.
Si può dire che la psicolinguistica, in breve, studia l'attività mentale coinvolta nella conoscenza linguistica. L'organizzazione dei vari concetti, la strutturazione del significato e l'appello alla memoria nell'uso del linguaggio sono alcune delle questioni che fanno parte del suo campo di interesse.
Un altro fenomeno di grande interesse per la psicolinguistica è l'apprendimento della lingua madre, qualcosa che praticamente tutti gli esseri viventi fanno senza fare uno sforzo specifico. Non dimentichiamo che non è necessario ricevere una formazione accademica per imparare a parlare, leggere o scrivere: è sufficiente crescere in una famiglia che svolge queste attività perché il bambino le acquisisca progressivamente.
Ci sono vari punti di vista e teorie su questo argomento. Per esempio, il linguista e filosofo americano Avram Noam Chomsky ha proposto negli anni '60 la cosiddetta grammatica universale, secondo la quale gli esseri umani hanno naturalmente una sorta di dispositivo biologicamente programmato che ci fornisce le proprietà fondamentali del linguaggio.
La teoria di Chomsky è completa quando un essere umano comincia a percepire la lingua parlata dai suoi anziani, perché è da quel momento che quel dispositivo gli permette di adottare le sue regole particolari e impararle. Tutto questo non può essere spiegato senza prendere in considerazione un'altra delle questioni più importanti per la psicolinguistica: l'intenzione comunicativa, che si riferisce al desiderio che abbiamo di farci capire dal momento in cui prendiamo coscienza del nostro ambiente.
Dalla nascita, facciamo uso di diverse risorse per comunicare le nostre sensazioni e necessità ai nostri anziani. In primo luogo, usiamo il pianto, poiché non siamo abbastanza mobili per fare molto di più. Con il passare dei mesi, incorporiamo certi gesti, balbettii e poco a poco abbozziamo i cosiddetti protopalabras, come eto al posto di "questo". Anche le prime parole appaiono, sebbene in versioni tipiche dei bambini: baubau per cane, miaumiau per gatto, e così via.
Facciamo anche uso delle cosiddette olofrasi, che ci permettono di riassumere idee che richiedono diverse parole in suoni brevi; per esempio: tita può significare "vuole un biscotto". Il linguaggio telegrafico, invece, è anch'esso specifico del nostro stadio di sviluppo, ed è caratterizzato da una forma ridotta del discorso, grammaticalmente scorretta e potenzialmente diversa per ogni bambino o gruppo familiare; per esempio: no abua potrebbe significare "non voglio acqua" o "la bottiglia è vuota", a seconda del contesto.